rassegna stampa
RASSEGNA STAMPA
LO STAKANOVISTA DELLA TASTIERA
di Silvia Consenzi
Suonare News
gennaio 2006
Il pianista salernitano adora suonare due grandi concerti in una serata. Anzi, ora è alla ricerca di una società che lo lasci interpretare quattro capolavori per orchestra di fila. Studia otto ore al giorno e riesce a conciliare l’insegnamento in conservatorio con l’attività di solista. L’incontro con Aldo Ciccolini, “un maestro e un personaggio unico”.
Non capita tutti i giorni di ascoltare in un’unica serata il primo Concerto di Ciajkovskij e il secondo di Rachmaninov. Ci voleva il talento e il coraggio di Emilio aversano, 39 anni, salernitano, per tentare l’impresa in occasione del suo debutto a Milano, nel 2002, per la Società dei Concerti. Di lui il Sole 24 ore ha scritto “Pianismo sicuro e slanciato, poetico e tecnicamente saldo”. E alle sfide l’artista campano è abituato: il 23 del mese scorso è tornato a Milano in Sala Verdi, questa volta per Serate Musicali, con il secondo di Liszt e il K488 di Mozart, accompagnato dall’Orchestra di Bacau diretta da Francesco Attardi. Emilio Aversano è docente di Conservatorio da 10 anni. Insegna pianoforte a Vibo Valentia e vive a Tropea su quel mare che, confessa, “fa bene allo spirito”. Il padre Mario è uno studioso di Dante e il fratello Luca è musicologo e ricercatore universitario. La cultura, insomma, è di casa in famiglia. Dopo il diploma al Conservatorio di Salerno, Emilio si è laureato in Lettere Moderne con una tesi si Dante e la musica e si è perfezionato con Annamaria Pennella e con Aldo Ciccolini.
Lei è una mosca bianca nel panorama musicale italiano: è docente e concertista. Come riesce a conciliare le due cose?
Studio 8 ore al giorno. I concerti sono il momento di espressione finale. In Conservatorio ho avuto la soddisfazione di avere ottimi allievi. La Calabria è una terra di grandi talenti che andrebbero sostenuti. Ma ci vorrebbero le strutture. Un ragazzo che ha la Sala Verdi di Milano – l’ambiente concertistico più importante d’Italia – a portata di mano cresce artisticamente nel continuo conforto.
Come ha conosciuto Ciccolini?
Al Festival di Ravello, avevo 25 anni. Dopo il concerto chiesi spiegazioni su alcune scelte interpretative. E lui mi disse “Vai a leggere attentamente il testo”. Da allora è diventato il mio maestro: Ciccolini con serenità ti indica la strada. Non si sovrappone mai alla personalità dell’allievo ma la rispetta. Un personaggio unico.
Farebbe studiare suo figlio in Conservatorio?
Se avessi un figlio gli direi che la musica è la cosa più bella del mondo, ma anche la più insicura in questo momento. Lo farei studiare in conservatorio ma senza l’aspettativa di diventare concertista.
Preferisce insegnare o fare concerti?
Amo fare il musicista. E il musicista non è né professore né è concertista: è una vocazione. Studia indipendentemente dal fatto di dare concerti. Molti, infatti, non hanno l’ambizione e quel pizzico di narcisismo che ci vuole per affrontare il pubblico.
Trova che essere un buon concertista aiuti anche ad essere un buon insegnante?
Tantissimo. Se vuoi insegnare devi conoscere bene i passaggi clou della partitura. Nella mia vita ho suonato 150 concerti per pianoforte e orchestra e ora sono in grado di indicare ai miei allievi i trucchi del mestiere, un accento che può aiutare il direttore.
Lei ama presentarsi sul palco con programmi che la stampa ha definito “stakanovisti”…
Nell’Ottocento un concerto suonava anche 3 ore di seguito e di tutto. I concerti di Ciajkovskij e di Rachmaninov sono così belli che nessuno si stancherebbe di sentirli. E io di suonarli. Il pubblico è sempre affascinato dalla presenza dell’orchestra. Sono alla ricerca di una società che mi faccia eseguire quattro concerti di fila. Un giorno la troverò…