rassegna stampa
RASSEGNA STAMPA
SFIDANDO IL LIMITE
di Luigi Di Fronzo
Amadeus
ottobre 2015
Maratoneta filosofo, imbevuto di cultura ellenica classica, il pianista salernitano suona a memoria anche cinque concerti a serata. Per esplorare le infinite potenzialità della mente umana.
Un artista totale, enciclopedico. Che si cimenta in una sequela di imprese titaniche da Guinness dei primati mantenendo ben saldo quello spirito originario della Magna Graecia classica che è il suo universo di riferimento. Stiamo parlando del pianista Emilio Aversano, di cui Amadeus propone la registrazione live della serata del 19 ottobre 2014, in un tempio della musica come il Gewandhaus di Lipsia, cui il giorno dopo ne è seguita una seconda alla Konzertsaal dell’Universität der Kunste di Berlino. È lui il solista che ama cimentarsi in sfide contro se stesso. Prove di intelligenza affrontate con caparbietà, coraggio e tenacia che sembrano trasformarsi in una singolare prospettiva di sociologia dell’ascolto: facendo assaporare in una sola serata al pubblico quattro, persino cinque Concerti per pianoforte e orchestra dal vivo. Serate in cui lo stesso esecutore-virtuoso pare misurare i suoi passi nel vuoto, sgranando i passaggi a memoria. Lo si ascolti in questa occasione, accompagnato dalla Orchestra Filarmonica di Stato “M. Jora” di Bacau. Aversano veleggia con dinamismo e freschezza fra le partiture di quattro capolavori del repertorio: il luminoso Concerto K 488 di Mozart, la Wanderer Phantasie di Schubert, l’infuocato Primo di Čajkovskij e l’appassionante Concerto di Schumann. Quattro vette scoscese dell’universo tastieristico che sintetizzano un’esperienza oggi unica al mondo, con un respiro che è quasi spirituale, morale. “Lo faccio perché in fondo c’è una profonda ragione filosofica. Oggi viviamo fra computer e cellulari, senza ricordarci che la mente dell’uomo ha infinite potenzialità, non verrà mai superata dalla macchina. Basta avere volontà e predisposizione allo studio. Per questo ho deciso di mettermi alla prova: una volta sono arrivato a suonare fino a cinque Concerti per pianoforte e orchestra in una sola serata. Al pubblico piace. La prima volta (ne avevo eseguiti tre di fila a Torino e quattro a Milano) hanno iniziato a tempestare gli organizzatori di telefonate e fax, perché lo rifacessi”. Difficile chiamarle semplicemente maratone. In genere l’integrale, il blocco unico di un’opera implica il confronto con uno stile omogeneo, che in questo caso semplicemente non c’è. “E’ vero”, spiega Aversano. “Nel mio caso la flessibilità agli stili è importante, mentre in fondo le maratone monografiche su un solo autore (come quelle che esauriscono in un ciclo di appuntamenti le Sonate di Beethoven) sono meno ardue. Questo perchè io faccio riferimento a epoche molto diverse fra loro, i Concerti sono disposti in progressione. E tutto questo richiede un suono, una mentalità e un approccio interpretativo completamente diverso”. Sarà arte, però Aversano ha bisogno anche di sentire dentro di sé un fisico perfetto. Non solo una buona memoria. “In realtà, ricordare i passaggi nota per nota è solo questione di allenamento. Spesso gli organizzatori mi chiedono se ho bisogno di un voltapagine, ma io faccio tutto senza spartito. Per tenermi in forma alterno le ore di studio alla tastiera con lo sport. Sono un teorico del motto latino mens sana in corpore sano. Mi piace nuotare perché adoro il mare, e spesso vado a correre. Non bevo e non fumo, un po’ di disciplina ci vuole sempre. E ovviamente lo studio ha bisogno dei suoi ritmi. I miei sono di cinque ore al giorno, per mantenere a mente il programma. Ogni giornata rifaccio mentalmente tutto il percorso, cerco di sentirlo in me”. Spesso è il luogo di nascita di un artista a svelare un’importanza simbolica, come il Mediterraneo salernitano. “Mi sento imbevuto dello spirito originario della Magna Graecia, zona fertile di poeti, scrittori e filosofi”, ammette. “E avendo compiuto gli studi classici, sfociati in una laurea in lettere moderne con una tesi su Dante e la musica (mio padre Mario, dantologo, ha tenuto Lecturae Dantis in Italia e in tutta Europa), mi è risultato ovvio accostare ai templi della mia terra le immagini come quella della leggendaria corsa di Fidippide, che annunciava agli Ateniesi la vittoria di Maratona. Le mie maratone sono una sfida con me stesso, non un banale show per sfoggiare davanti agli altri la mia bravura. E poi non va dimenticato che nella storia del pianoforte non sono stato certamente l’unico, anche in anni recenti. Prima di me anche Michelangeli suonava tre o quattro concerti di Mozart in una serata. Dunque in qualche modo ho recuperato la tradizione delle serate viennesi ottocentesche che duravano parecchie ore, un rito che spesso si perpetuava nei salotti romantici”. Musica permettendo, il riferimento di Aversano è alla civiltà antica dominata dall’estetismo e dal culto della bellezza. “Penso alla mia Salerno che ha avuto nell’antichità il massimo splendore, ai templi della Magna Graecia, ai poemi omerici, alle liriche di Saffo e Alcmane. Il culto del suono, l’eleganza di certi passaggi nascono lì”. Un discorso a sé meriterebbe l’analisi delle reazioni del pubblico, città per città. “Quello milanese è il pubblico più appassionato, rispetto ad altre città. Peraltro è su merito di Hans Fazzari di Serate Musicali che ho iniziato a fare maratone”. Poi il discorso affonda nei ricordi d’infanzia. “Ho iniziato da piccolo, per caso. In casa avevo un nonno (poeta e scrittore) che suonava a orecchio, così un giorno mia mamma mi ha portato da una giovane studentessa di pianoforte e mi sono accostato alla tastiera così, quasi per gioco. Peraltro, alcuni Concerti che suono regolarmente sono legati agli anni lontani: ad esempio il Concerto di Mozart l’ho suonato al diploma, mentre Schumann lo ascoltavo spesso da bambino e anche il Secondo di Rachmaninov (che rientra spesso nelle mie locandine) riporta al film Breve incontro: una pellicola che contiene spezzoni di questa musica ed è stata un pò la colonna sonora della mia adolescenza”.
Vero che Aldo Ciccolini è stato fra i suoi pianisti-guida?
“Si, la mia vera svolta è stata l’incontro con lui, il mio ideale di pianista da cui mi sono perfezionato: perennemente attento ai dettagli e alle ragioni profonde del testo. Anche se tra i miei solisti preferiti del passato c’è senza dubbio Alfred Cortot, semplicemente un pianista irripetibile, ma anche Wilhelm Kempff: grande filosofo della musica che peraltro morì a Positano”.
E chi vogliamo aggiungere ancora?
“E’ stato importante lavorare con un direttore come Ovidiu Balan, che mi ha saputo comunicare i segreti per un perfetto connubio nel battito del mio cuore con l’orchestra”. Poi torna a parlare del senso della disciplina. “A me piace studiare e poi ancora studiare”, dice il musicista salernitano. “E anche nelle inevitabili fasi di riposo, la mia mente costruisce un dedalo di suoni e di immagini che mi sono utili per perfezionare la mia lettura interpretativa. In fondo penso di essere un cultore di quello che il poeta-vate Gabriele D’Annunzio predicava nella sua vita, l’idea cioè di “fare della propria vita un’opera d’arte”, che rimanda allo studium latino. Anche perché alla base del mio carattere c’è anche una fortissima propensione al sacrificio. E’ qualcosa che sento dentro di me e che è stato anche rinforzato negli anni della gavetta, soprattutto quando suonavo nei teatri dell’Est all’inizio della mia carriera. Magari in condizioni di viaggio, diciamo così, un po’precarie. È anche con il sacrificio, con la dedizione continua che arrivano i risultati. Cerco sempre di insegnarlo con passione al Conservatorio di Vibo Valentia (ho tra l’altro casa nel centro storico di Tropea, città che è un’opera d’arte), comunicando anche i valori della civiltà classica”.
Come vede la sua attività nel futuro?
“Spesso penso che in fondo vorrei ripartire da Bach, che in futuro voglio approfondire di più e arrivare ai nostri giorni. A me piace esprimermi sulla lunga distanza: un solo pezzo non mi basta, preferisco la continuità perchè un Concerto tira l’altro. Quando la mano inizia a prendere la giusta posizione si suona meglio. Ma l’importante è proseguire nel solco eroico delle maratone. Il 9 dicembre suonerò proprio in Grecia al Megaròn di Salonicco, poi in gennaio a Berlino all’Istituto Italiano di Cultura. Spesso penso alla Tomba del Tuffatore ritrovata a Paestum, l’eroe celebrato per le sue imprese sportive. Non è un caso che il suo tuffo simboleggi il passaggio tra la vita e la morte”.