rassegna stampa
RASSEGNA STAMPA
Il pianoforte di Aversano alla ricerca dei nessi segreti fra note e storia…
GIAN MARIO BENZIN
CORRIERE DELLA SERA
“Ama le sfide coraggiose, il pianista Emilio Aversano. Lo conosciamo come il “maratoneta” della tastiera: l’artista che, con straordinarie doti di memoria e saldezza, ha stupito ed entusiasmato, eseguendo quattro ovvero cinque poderosi Concerti per pianoforte e orchestra in una stessa sera, in giro per l’Italia come nello storico Gewandhaus di Lipsia. Il prossimo 22 novembre ripeterà l’impresa addirittura nella Sala d’Oro del Musikverein a Vienna, con l’orchestra Mav di Budapest, dopo un passaggio nella Sala Verdi dell’Istituto Italiano della capitale magiara. Per capire quanto Aversano riesca a conservare freschezza, capacità di variatio e fuoco vivo anche sulle lunghe distanze, da Mozart, K488, a Ciajkovskij, op.23, attraverso la “Wanderer-Fantasie” e Schumann, si può ascoltare il cd inciso proprio al Gewandhaus, live (allegato ad Amadeus lo scorso ottobre, in vendita per “Electrecord”). E questo è un capitolo. Aversano, però, ora è andato oltre. Venerdì ha tenuto un recital a Milano, in Conservatorio, per le “Serate Musicali”, che da quarant’anni ospitano i più grandi pianisti del mondo, da Arrau a Zimerman, e che in cartellone hanno ora Schiff, Martha Argerich, Angela Hewitt… Grande sfida. Due Sonate di Scarlatti, due Fantasie di Mozart, K397 e K475, l’Improvviso op.90 n.3 di Schubert e poi Beethoven, la Tempesta e l’Appassionata. Un’arcata poetica concepita come ricerca di nessi segreti fra le note e la storia, fra armonia e filosofia, fra strutture prosodiche e riverberi sovratemporali. Aversano è apostolo di una visione musicale imbevuta di cultura classica: quando parla di “tema con variazioni”, cita Eraclito; per dire il lirismo di un “secondo tema”, comincia a recitare lirici greci in metrica… Così, più che il suo Mozart, qui fin troppo rapsodico, si stagliano il mi maggiore del suo Scarlatti, distesa iridescente, e la “quieta grandezza” del suo Beethoven: dove il tempo ha sempre respiro; i bassi scultorei della Tempesta sembrano colonne di un tempio, il Largo dei recitativi risuona misterioso come un’arpa eolia, l’Appassionata canta a distesa. Poi, sorpresa. Due bis: due Notturni, op.9 n.2 e n.1, ogni nota delibata come esausto tesoro, scoprono in Aversano un’anima chopiniana finora ignota. E meritevole di sviluppi: cosa ne direbbe di una maratona “tutto Chopin”
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