rassegna stampa

RASSEGNA STAMPA

CAJKOVSKIJ CON RACHMANINOV

Gazzetta di Parma
Gian Paolo Minardi

L’attuale prassi concertistica è regolata da un principio di economia che disegna i programmi con estremo nitore e con sempre più rastremato impegno temporale, forse indotto dalla pressione di quella fretta che ci perseguita da ogni lato. Senza ricorrere agli sterminati programmi dei primi decenni del secolo passato, quelli di un Busoni ad esempio, basta volgere lo sguardo a tempi meno remoti per vedere come Benedetti Michelangeli suonasse in una stessa serata ben tre Concerti di Mozart o Geza Anda proponesse insieme i due Concerti di Brahms. Considerazioni che danno rilievo al recente disco edito dalla Phoenix contenente la registrazione dal vivo di una serata svoltasi nel dicembre del 2002 al Conservatorio di Milano con il piansta Emilio Aversano che insieme all’Orchestra Filarmonica Mihail Jora di Bacau diretta da Ovidiu Balan esegue il Primo Concerto in si bemolle di Cajkovskij e il Secondo in do minore di Rachmanninov. Tuttavia il pregio di questa testimonianza che riunisce due dei Concerti più amati dal pubblico (fino al rischio di un certo logoramento) va ben oltre il cimento quantitativo non poco ardimentoso affrontato dal giovane pianista, un interprete che ha già al suo attivo alcuni importanti riconoscimenti internazionali. Si tratta infatti di una proposta che indica una pienezza di raggiungimenti non solo sotto il profilo dell’impegno tecnico che ognuno dei due Concerti impone all’interprete in maniera molto perentoria, ma pure il pieno possesso dei valori musicali che vivono entro il folto di queste due partiture gremite di note e che molto spesso rimangono oscurati da quella spinta enfatica ed effettistica che non poco ha nuociuto all’immagine di queste opere; per certi aspetti una figlia dell’altra, nel senso che nel Concerto di Rachmaninov si decantano sottilmente in una dimensione più crepuscolare gli spiriti di quella tensione fatalistica che pervade la pagina cajkowskijana. E Aversano, appunto, realizza questa eloquenza specifica di ognuno dei due Concerti cogliendo proprio la peculiarità della scrittura e quindi della tecnica stessa per piegarla verso un approdo espressivo più alto. Il disco, si diceva, è una registrazione dal vivo, con tutti i pregi e pure i limiti “della diretta”, dove la freschezza del discorso innanzitutto, sorretta anche dalla buona intesa del solista con la compagine sinfonica rumena, compensa ampiamente qualche inevitabile sbrecciatura.